Beagling
BEAGLING
In questa pagina si parla del Beagling che è l’antico e affascinante metodo inglese di cacciare la lepre senza l’uso di fucili, con l’ausilio di 10/15 coppie di cani, seguendo la caccia a piedi.
BUONA LETTURA!
L’antico metodo inglese di cacciare la lepre senza l’uso di fucili, con l’ausilio di 10/15 coppie di cani, seguendo la caccia a piedi è definita appunto Beagling. Gioverà infatti ricordare che durante l’antichità classica gli scritti assai noti di Platone e Senofonte ci infomano di come i progenitori degli attuali nostri segugi inseguissero la preda a fondo, ma la cattura della stessa venisse operata mediamente l’uso di reti posizionate lungo passaggi obbligati. Quegli antichi segugi venivano infatti definiti “cani da rete”. L’unico cane che riusciva nella cattura della lepre in corsa era il levriero originale dell’Asia minore e dell’Egitto, che cacciava unicamente a vista e in spazi aperti. E’ solo dopo l’anno mille che giungono fino a noi scritti in gran parte di derivazione anglossasone che raccontano di catture alla lepre fatte con mute di cani numerose. Risale infatti a quel periodo, nelle isole brittaniche, il processo di rarefazione delle foreste con la conseguente e progressiva scomparsa degli ungulati. Non rimanevano quindi da cacciare che la lepre e la volpe. Quelle antiche cronache ci riportano l’eco di cacce interminabili, che duravano intere giornate, per giungere alla cattura dell’animale sfinito. Si racconta addirittura che a metà giornata i cani venissero presi, il luogo segnato con una banderuola e, dopo una breve pausa per rifocillarsi, la battuta riprendesse nel medesimo punto in cui la traccia era stata abbandonata. E’ solo con l’avvento al trono inglese della casata dei Tudor a cavallo tra il XV e XVII secolo, che la selezione dei cani da beagling assume rinnovato vigore grazie alla grande passione per la caccia dei reali inglesi (Elisabetta I sopra tutti). Ulteriore stimolo al miglioramento proveniva dal confronto con una nuova razza emergente, il Foxhound, mirabile esempio di forza, velocità e resistenza, sviluppatosi in quei secoli dall’antico ceppo dei cani da cervo (Staghound), ormai inutilizzabili.
Pur essendo un cane da volpe, l’infusione del foxhound negli antichi progenitori del Beagle allo scopo di velocizzarne l’azione, fu molto frequente nei secoli successivi. Lo stesso harrier, che in origine doveva essere un insieme di ceppi molto diversi tra loro, finirà per subire pesantemente l’influenza del sangue foxhound. Tant’è che oggi lo standard dell’harrier moderno differisce da quello del foxhound solo per la taglia e per una certa minor robustezza scheletrica.
A partire dal 1600 il successo della caccia alla volpe praticata a cavallo dai nobili dell’epoca, fece sì che la caccia alla lepre cadesse in disgrazia. Bisogna quindi giungere alla metà del 1800 perchè il beagling possa tornare agli antichi fasti. Risale infatti al 1856 la prima bozza di standard morfologico del Beagle e solo nel 1891 fu fondata l’Association of Masters of Harriers and Beagles. Nello stesso anno si tenne anche il primo Peterborough Hound Show, la più importante esposizione riservata ai Beagles, Harriers e Foxhound. E’ interessante notare come questi siano esclusivamente cani da lavoro, con un loro libro genealogico (Stud book) e non risultino iscritti al Kennel Club. Ancora oggi in Gran Bretagna ed Irlanda esistono circa 120 equipaggi di Beagle e 50 equipaggi di Harriers che cacciano la lepre in corsa secondo l’antico metodo britannico. Nel beagling è il Master (maestro di caccia) a dirigere le operazione: vengono sciolti 20/30 cani ad ogni uscita, seguiti da un Huntsman (bracchiere) e da alcuni assistenti (Whipper Hin) muniti di frustino, tutti rigorosamente in divisa con beretto nero e giacca verde per distinguersi dai fox hunting. Dopo la sciolta, le varie fasi della caccia con l’accostamento, lo scovo e la seguita, si susseguono regolarmente. In giornate favorevoli la cattura avviene mediamente dopo circa due ore di inseguimento incalzante e spettacolare. I cani degli equipaggi vengono selezionati per la loro struttura fisica, intelligenza e passione venatoria. In questi soggetti che devono risultare galoppatori veloci ed instancabili vengono particolarmente curate la struttura del tronco e degli arti, oltre alla qualità della voce. Secondo l’opinione dei più illustri Masters tre sono le caratteristiche techniche di un buon hound: spirito di muta e massima disciplina, tenacia e concentrazione assoluta anche su tracce fredde, e buon ultimo quello che in termine tecnico si definisce Drive, cioè la capacità di leggere la traccia dell’animale cacciato in maniera sbrigativa ed essenziale. Sono assolutamente da dandire i cani troppo veloci e muti in passata o, al contrario, i soggetti lenti che indugiano troppo sui grovigli notturni della lepre.
A questo proposito esistono ed esisteranno sempre due diverse scuole di pensiero: una di derivazione transalpina che privilegiia l’aspetto estetico della caccia con cani che inseguono la preda lentamente dandole la possibilità di confondere le tracce ma raggiungendo “effetti musicali” sicuramente migliori: l’altra di stampo più tipicamente britannico, in cui si richiede ai cani velocità, essenzialità ed una presa rapida. Probabilmente, come spesso accade, la via di mezzo è la migliore.
Per concludere, vorrei spezzare una lancia in favore di questa antica arte venatoria, oggi tanto osteggiata anche nel suo paese d’origine. Io domando se sia più sportivo e civile porsi in agguato con un fucile sparando ad una preda comunque questa sia stata scovata, oppure se sia più leale inscenare una rappresentazione in cui gli attori sono i medesimi scelti dalla natura dalla notte dei tempi, e dove l’uomo cacciatore spogliato dagli indubbi vantaggi dell’arma da fuoco, torna ad essere parte integrante dell’eterna lotta per la sopravvivenza.
A voi l’ardua sentenza, io che conosco la caccia alla lepre so quale patrimonio di cultura, di dedizione e di sportività si celi dietro un’attività all’apparenza barbara, laddove invece le doti venatorie e lo spirito di squadra sono sublimati ai massimi livelli.
Palmiro Clerici
Da secoli la caccia alla lepre si corre lungo le piste di un misterioso triangolo. Due dei lati sono rappresentati dalla lepre e dalla qualità della traccia, con le loro infinite variabili. Il terzo lato è costituito dalla muta dei segugi, l’unico sul quale l’uomo abbia una qualche influenza. Da secoli il cacciatore si è ingegnato per capirne l’infinita complessività degli eventi, con la sensazione che qualcosa sempre gli sfugga. Da secoli si è sentito rapito da questo antico, fonte inesaurabile di libertà ed avventura, che ci riporta agli albori primigeni, in cui i branche di lupi inseguivano la loro preda. A noi è dato scorgere, ed è già meraviglioso, qualche filo sottile della trama dell’essere.
La Lepre: Fatti e Leggende
Qualsiasi contadino conosce il vecchio detto che recita: “Se noi vediamo una lepre in un campo ed essa rimane delle medesime dimensioni man mano che ci si avvicina, con tutta probabilità non si tratta di una lepre, ma di una zolla di terra. Solo se questa diviene via via più piccola può essere una lepre”.
Nonostante l’apparente difficoltà iniziale, una approndondita conoscenza e comprenzione della lepre è necessaria per ottenere il meglio dal proprio Sport (ricordiamo che il Beagling è considerato nel mondo Anglosassone uno Sport a tutti gli effetti, in cui è predominante l’aspetto estetico e spettacolare, rispetto alla cattura della preda).
Per gli Huntsmen (Maestri di caccia che guidano la muta), certe informazioni risultano essenziali se vogliono mostrare un buon Sport e mantenere desto l’interesse dei tanti sostenitori che durante la stagione seguono l’equipaggio durante la caccia.
L’Anno della Lepre
Tradizionalmente la stagione degli accoppiamenti si localizza nel periodo tra gennaio ed aprile, ma un inverno mite, a volte ci riporta il fatto che si trovino giovani leprotti in gennaio e gli ultimi leprotti della passata annata, vengono spesso incontrati a novembre.
Una recente ricerca, portata avanti da eminenti Biologi, contraddice, almeno in parte, molte teorie circa lo stile di vita della lepre. Per esempio i famosi incontri di boxe fra lepri in amore, si pensava fossero combattuti solo dai maschi alla ricerca di nuovi territori o di un accoppiamento, dando così origine alla Sindrome della “Mad March hare” (Lepre matta di marzo), ma attualmente si sa con certezza che questo particolare atteggiamento può essere assunto da femmine che difendono se stesse dalle attenzioni troppo pressanti del maschio. Poichè la femmina di lepre è spesso più grande e più potente del maschio, questo deve soffrire a lungo prima che giunga il suo momento. Quando due lepri vengono viste assieme nella prima parte dell’anno, con grande probabilità si tratta di un maschio ed una femmina in attesa che quest’ultima venga in calore. Comunque anche in questo delicato periodo ben difficilmente si assisterà a lotte per il territorio e se le aree scelte per nutrirsi daranno cibo in quantità adeguata, molti animali possono vivere e riprodursi anche in aree relativamente piccole.
Le lepri sono molto promiscue e pare ci siano accoppiamenti permanenti: una femmina è spesso servita da due o tre maschi in veloce successione. Detto ciò è sempre possibile che taluni maschi siano capaci di crearsi un piccolo “harem”, proteggendo le proprie femmine dagli altri maschi.
Si deve ancora notare che i maschi quando combattono generalmente si impegnano in inseguimento con graffi e morsi, piuttosto che in veri incontri di boxe. Come già abbiamo visto, gli accoppiamenti avvengono anche al di fuori del periodo predetto, per tutta l’estate ed il primo autunno. Da due a cinque sembra essere il numero medio di leprotti per cucciolata, a seconda del clima e delle disponibilità di cibo. La femmina (che normalmente inizia a riprodursi a circa un anno di età) può avere tre o quattro cucciolate durante il corso di una stagione. Dopo un periodo di gestazione di circa 30 giorni i leprotti nascono. A differenza di molti mammiferi, i cuccioli escono dall’utero completamente vestiti di pelo, hanno gli occhi aperti e sono in grado di muoversi per sfuggire al pericolo. Tuttavia per qualche ragione non del tutto chiara sono resti a correre, preferendo affidarsi all’immobilità ed al mimetismo, ed è spesso possibili prenderli in mano prima che si spaventino e scappino.
Non vi sono dubbi che la lepre è un animale che l’evoluzione ha ben adattato per sfuggire agli attachi dei predatori. I suoi occhi larghi e marroni sono posizionati alti e sporgenti sul cranio e la testa è appiattita lungo il piano degli occhi così che le sia possibile vedere tutto intorno. Comunque, proprio per la posizione degli occhi, la visione frontale non è sempre ottima, anche se le larghe pupille orizzontali sono capaci di concentrare la visione durante la corsa in velocità. Forse questa è la vera ragione per cui la lepre preferisce rimanere accovacciata e fidarsi del suo udito ed olfatto, piuttosto che fare affidamento esclusivamente sulla sua indiscussa velocità.
Per un lungo periodo si è pensato che subito dopo la nascita la femmina trovasse un covo separato per ciascuno dei suoi cuccioli, portandoli nella nuova nursery in bocca, nello stesso modo in cui un gatto porta i suoi micini. Questo è vero solo in parte. Recenti ricerche mostrano come la cucciolata rimanga unita al covo di nascita solo per un paio di giorni. Dopo di che, i leprotti escono essi stessi alla ricerca di un posto adatto. Sta poi alla madre localizzarli, visitandoli di notte per l’allattamento. Si pensava che il suono metallico, emesso dalle lepri sfregando i denti, fosse un suono di allarme lanciato dagli adulti, ma si è invece realizzato che il rumore viene usato da giovani per informare i genitori della loro posizione. L’allattamento avviene una sola volta nelle 24 ore, ma un solo pasto al dì è sufficiente ai leprotti, fino a che questi abbiano raggiunto le 3/4 settimane di età.
Pensare come una Lepre
La metà del piacere nel seguire una muta di Beagles sta nel tentare di anticipare i movimenti della lepre così da ottenere un buon vantaggio ed osservare quindi tutto lo svolgersi della caccia. La lepre è un animale abitudinario ed il suo covo è scelto attentamente per avere non solo un facile accesso al cibo, ma soprattutto per ottenere un’ottima visione dei dintorni ed un buon riparo dalle intemperie. La maggior parte della giornata è passata in questo covo e se allarmata la lepre dapprima si accovaccierà tentando la carta dell’immobilità; solo in un secondo tempo ne balzerà fuori scappando quando i segugi si saranno troppo avvicinati segnalandone la presenza. Una lepre che lascia il covo, non prenderà precauzioni particolari, ma correrà diretta all’uscita del campo scelta per la fuga.
Qualche volta si è vista comunque la lepre uscire dal covo zigzagando per confondere gli inseguitori. (Sembra questo un comportamento innato, legato alla difesa dagli attacchi dei rapaci diurni, principale nemici in natura).
Molti Huntsmen di provata esperienza pensano che la scelta della rotta appena lascito il covo determina spesso i futuri movimenti durante il resto della caccia, ed è facile sentire un Huntsmen riferirsi ad una “lepre mancina”, e durante i falli della caccia egli lancerà preferibilmente i suoi cani in una direzione mancina, ben sapendo che la lepre dopo aver acelto la sua “caccia”, continuerà allo stesso modo, indipendentemente dalle circostanze.
Muovendosi cautamente ed a passo costante, la lepre è in grado di capire cosa sta succedendo sia davanti che dietro di lei, alzandosi spesso sulle zampe posteriori per giudicare meglio. Dove è possibile essa correrà in salita e cercherà di tornare alle stesso capo del covo, anche se è stata disturbata da poco. Altre volte dopo ampi cerchi, sarà comunque di ritorno a casa entro le due ore dal ritrovamento. Quando molto pressata dai cani, la lepre è in grado di apparire furba come una volpe e ricorrerà a qualsiasi trucco cui ricorre quest’ultima, più qualcun altro che la volpe non conosce. E’ probabilemnte solo una coincidenza che entrambe le specie scelgano di passare attraverso una mandria di mucche o un gregge di pecore quando i cani sono vicini. Forse non è ragionevole dare ad un animale qualità di pensiero logico, è però abbastanza facile concludere che l’esperienza gli abbia insegnato come tale mossa confonderà la traccia e le permetterà di guadagnare tempo.
Parecchi di coloro che seguono le mute di segugi da lungo tempo sostengono che la lepre sia in grado di “spegnere” letteralemente le proprie ghiandole odorifere quando è inseguita dappresso. D’altro canto l’espediente di gran lunga più usato per perdere i cani è quello di correre oltre una siepe od un muretto così da essere fuori dalla visuale, e quindi puntare verso il centro del campo per cira 50 yards prima di tornare indietro esattamente sulla stessa linea e far ritorno alla siepe, per seguirne poi il perimetro. Ancora un altro trucchetto è quello di compiere alcuni grandi balzi, acattando poi di lato a grande velocità con lo scopo di lasciare la minore traccia possibile. In alternativa essa dopo aver raggiunto il centro del campo, corre in circolo prima di balzare da un lato.
Un’altra strana situazione vista da troppa gente, e per troppe volte, per essere una semplice coincidenza, è quella di una lepre stanca che fa levare una lepre fresca per poi aquattarsi nel covo vuoto. Probabilemnte a causa di queste immense risorse, vuoi per ragionamento, o vuoi per istinto, una larga parte delle lepri sfugge alla cattura da parte dei cani. E’ risaputo che solo una percentuale media del 10-15% veine uccisa dai segugi. Invero, la sola ragione per cui le lepri vengono catturate è perchè esse sono animali con resistenza inferiore ai segugi, laddove invece il Beagle ne possiede in abbondanza. Naturalmente le condizioni della traccia devono essere buone, e comunque la lepre conosce molti più espedienti di qualisiasi cacciatore. E’ per questo motivo che il Beagling non rappresenta quella guerra crudele, di logorio di muscoli e polmoni, che taluni suoi oppositoti vorebbero far credere. Va ricordato che i Beagles sono solo uno dei tanti nemici della lepre, e di certo non il più importante.
Forse è a causa della continua vigilanza necessaria per evitare i predatori che la lepre può spesso scomparire, come per magia, quando è pressata dai cani.
Leggende miti e fantasia
E’ questa abilità nello scomparire senza lasciare traccia che ha fatto sì che questo animale venisse associato ad incantesimi e stragonerie. Per l’uomo primitivo il cavallo, l’agnello e la lepre erano mediatori del sacro e non era pensabile allora mangiare carne di lepre. In Irlanda questa credenza resiste tuttora in alcuni luoghi, e questo è probabilmente dovuto al fatto già citato che si ritiene la lepre una strega mascherata.
Oggi i contadini irlandesi non ammetterebbero mai una simile sciochezza, semplicemente non mangiano lepre!!
In “English folklore” di Cristina Hole si racconta della strega di Minterslae, vissuta durante i primi anni del 19° secolo. Gli abitanti del villaggio sostenevano che Lyddie Shears fosse in grado di trasformarsi in lepre. Quando non era trasformata, ella possedeva magici poteri sulla popolazione locale delle lepri e si narra che i potenziali bracconieri usavano farle regali in cambio delle prede. Dopodiché, Lyddie Shears correva verso le colline dove accendeva un grande falò da una pietra focacia e le lepre arrivavano da tutte le direzioni, permettendo ai bracconieri di ucciderle mentre erano stordite dalla luce. Tali poteri non furono sufficienti a salvare la vita di Lyddie e la strega di Winterslae fu uccisa da una pallottola d’argento mentre correva trasformata in lepre e fu più tardi trovata nel suo cottage con una pallottola nel cuore.
In accordo con tale leggenda si narra che sull’Arca di Noè la lepre femmina annegò e rimase il solo maschio per propagare la specie. Proprio per questo motivo Dio diede al maschio la capacità di riprodursi da solo ed ancora nel 17° secolo si pensava che il maschio potesse produrre discendenza in maniera autonoma. Sir Thomas Browne, scrivendo “Inquires into Common and Vulgar Errors”, sosteneva che il sesso della lepre fosse interscambiabile e che il maschio riuscisse, a volte, a dare alla luce dei piccoli.
Il popolo dell’antica Grecia aveva la stessa convinzione e le vecchie leggi del Galles, che stabilivano i prezzi di molti animali (inclusi cani e gatti) con differenze sensibili tra maschio e femmina, nel caso della lepre non davano alcun prezzo perchè si sosteneva che essa fosse femmina un mese e maschio il mese successivo. Alcuni antichi scrittori credevano che non solo i sessi fossero interscambiabili, ma anche che i leprotti si formassero in uteri separati.
Claudius Aelianus, scrittore del 3° secolo, sosteneva che la lepre aveva alcuni dei suoi piccoli formati per metà nel suo utero, alcuni in procinto di nascere ed altri già nati. Anche se questo processo sembra impossibile, si è invece oggi scoperto come questo animale sia unico nella capacità di concepire una 2° volta pur essendo già incinta. Scientificamente tutto questo viene definito come “Superfetazione”.
Un altro strano modello di comportamento emerso negli ultimi anni di moderne ricerche è il seguente: si è pensato a lungo che le lepri ruminassero come le mucche, si è invece scoperto come il cibo mangiato dalle lepri viene inizialmente solo parzialmente digerito, compresso ed alleggerito. Questa abitudine, solo altuaria nei conigli, è la regola nella lepre ed il cibo parzialmente digerito passa in tutto il tubo digerente, prima di essere escreto e quindi nuovamente mangiato. Gli escrementi che vengono nuovamente ingeriti hanno aspetto differente rispetto a quelli definitivamente scaricati.
Altra caratteristica comune ad entrambe le specie è l’alta mortalità degli embrioni che vengono poi riassorbiti, ma qui finiscono i punti di contatto. Tutti i countrymen e coloro che si occupano di fauna selvatica potranno confermare come nelle aree dove i conigli selvatici sono abbondanti, essi malmenano, cacciano e spaventavano le lepri che vi si avventurano. Oltre a ciò è probabile che un’altra ragione per cui lepri e conigli non fraternizzano sia legata al fatto che facilmente le due specie si trasmettano malattie contagiose.
Molti altri fatti citati a proposito della lepre non possono essere nè confermati nè smentiti con certezza. Non siamo per esempio in grado di provare la teoria cara a molti autori, secondo cui solo le femmine della specie vivono nella stessa area per tutta la vita. I maschi al contrario andrebbero vagabondando di luogo in luogo.
Se dovessimo decidere in base al tragitto che la lepre percorre quando viene inseguita dai cani, che di solito corrisponde ai luoghi a lei noti, potremmo solo affermare che esistono marcate differenze individuali indipendentemente dal sesso.
Per alcuni altri, addirittura la posizione delle orecchie, schiacciate sulla nuca nella femmina oppure con un orecchio sollevato nel maschio sarebbero indice chiaro di riconoscimento durante la fuga. Quante leggende e quanta storia sulle spalle di questo timido animale!
Nessuno stupore che la lepre abbia certi nomignoli. Molti anni fa il Principe di Powis, cacciò una lepre in una caverna nella quale si era rifugiata una damigella di nome Monacella, dopo aver rifiutato di sposare il nobiluono scelto da suo padre. Il Principe fu così toccato dalla vista di lei che cullava la lepre tremante sul suo petto, che egli fondò un’Abbazia in suo nome.
Da questo si ritiene che se qualcuno grida: “Dio e Santa Monacella siano con te” mentre uina lepre viene inseguita dai cani, si può essere certi che questa sfuggirà alla cattura.
L’equilibrio della struttura scheletrica, unita ad una massa muscolare di tutto rispetto, conferiscono al Beagle un movimento sciolto e disteso, che gli consente di percorrere lunghi tratti senza apparente sforzo e di risultare all’occorrenza anche molto veloce, più accentuato quando il cane avverte la traccia e con l’estremità sempre bianca che, come una bandierina, segnala la posizione dell’animale nascosto dall’erba. La sua voce profonda da segugio ha una sonorità particolarmente gradevole, tanto che gli inglesi lo chiamano “singing Beagle”, per sottolineare l’armonioso effetto corale durante la seguita.
L’utilizzo classico è quello in mute numerose (8-15 coppie), che impongono però una organizzazione logistica e costi finanziari non indifferenti, sopportabili solo da associazioni con numerosi iscritti. La muta infatti, per dare buoni risultati, richiede tecniche di allevamento particolari, durissimi addestramenti quotidiani e un’alimentazione adeguata ad un lavoro decisamente pesante. Il Beagle è fortunatamente un gran trasformista e si adatta bene ad utilizzi meno impegnativi, come in piccole mute di quattro o cinque individui, o in coppia e, al limite, da solo. Anche il tipo di preda può variare; se originariamente era la lepre l’obiettivo preferito, non vi sono eccessive difficoltà ad impiegarlo sul coniglio o sulla volpe, ma nemmeno sulla minilepre americana (cottontail) o sul cinghiale o capriolo.
Insieme alla vocazione casalinga, la versatilità venatoria ha permesso al Beagle di essere apprezzato in molte parti del mondo, contrariamente al fox hound e all’harrier che sono utilizzati quasi esclusivamente in Gran Bretagna a causa della loro eccessiva specializzazione. Come molti segugi, anche il Beagle è un cacciatore naturale: il suo istinto va però coltivato, un buon addestramento finalizzato all’acquisizione di un nutrito bagaglio di esperienze sulla traccia del selvatico che si desidera cacciare, unita ad una altrettanto buona preparazione atletica, per sviluppare le doti di resistenza, proprizieranno certamente ottimi risultati. Occorre comunque tenere presente che si ha a che fare con un cane di taglia piccola, se pur dotato di ottima intraprendenza, e che quindi non è conveniente utilizzarlo in condizioni in cui non può rendere al meglio, come in terreni con vegetazioni troppo fitta ed alta, dove fatica ad incedere e il proprietario non può seguirlo con lo sguardo. Discorso analogo vale per la caccia al cinghiale, preda non delle più facili, dove l’uso di mute troppo poco numerose e lo scarso addestramento, portano a un elevato numero di cani feriti durante le battute, che peraltro sono molto frequenti in Italia. I suoi terreni ideali sono ovviamente le basse colline erbose dell’Inghilterra; anche nel nostro Paese si possono trovare aree in cui il Beagle può lavorare proficuamente, dalla pianura coltivata alla mezza montagna, con prati o macchie. Se si vogliono ottenere buoni risultati e non portare solamente a spasso il cane, occorre comunque che se ne faccia un uso proprio, scegliendo la preda ed i terreni più adatti alle capacità del Beagle, e non confidare solo nel suo naturale istinto, ma dargli modo di prendere dimestichezza con il lavoro che gli viene richiesto. Solo a queste condizione il nostro piccolo campione potrà farsi onore e dimostrare tutte le sue qualità, non ultima quella di divertire il cacciatore con il suo unico comportamento nella seguita.